Roma, famiglia di 4 persone. Moglie e marito impiegati, due figlie adoloscenti.
Tutto normale se non fosse che, a seguito di una ricerca, sono venuti a conoscenza delle proprie abitudini in fatto di spesa alimentare, scoprendo che buttavano un chilo di cibo a settimana.
La loro e’ una delle 400 famiglie che ha riportato su un diario le quantita’ di alimenti acquistati in una settimana e i relativi sprechi alla fine dei 7 giorni. E’ cosi’ che sono venuti a conoscenza del dato.
“Facevamo la spesa una volta alla settimana – ha dichiarato la signora – visto che lavoriamo sia io, sia mio marito. Accumulavamo prodotti deperibili pensando che ci sarebbero potuti servire entro pochi giorni, ma sbagliavamo le quantità e spesso restava qualcosa nel piatto. Senza parlare dei cibi che restavano in frigo fino alla scadenza“.
Senza fare facile ironia, e’ chiaro che siamo abbastanza lontani dalla famiglia modello della Mulino Bianco, dove questo rischio non esiste, in quanto tutto si produce e nulla si compra.
Ma l’immaginazione della Barilla e’ un cliche’ ideale; nessuno vive con Rosita in casa, ne’ tantomeno ci parla.
La realta’ e’ come sempre diversa da come ce la immaginiamo: provate ad aprire il frigo di casa vostra, e vedete se in effetti non avanza qualcosa anche a voi.
Le maxi offerte e il bisogno di vedere i ripiani sempre pieni, ci hanno portato ad accumulare senza chiederci prima di cosa avessimo realmente bisogno. E’ un meccanismo inconscio, specie nelle grandi famiglie.
Piu’ siamo, piu’ spendiamo. Ma anche piu’ sprechiamo.
Se (altro ideale) comprassimo veramente solo cio’ che ci serve, sarebbe tutta un’altra storia: anch’essa una favola, ma piu’ stimolante.
Basterebbe annotarsi cosa ci manca e comprare di volta in volta, senza la paura che i negozi chiudano tutti insieme contemporanemente ci assalga.
Queste cose sono prevedibili per gli scioperi contro il governo, mica contro i clienti.
Per noi, le porte sono sempre aperte. Anche quando rompiamo le acque (e non solo). Vero, Conad?