L’efficienza cinese e’ nota per ottenere il miglior rapporto costo-risultato.
Tuttavia, gli inventori del Made in, sono riusciti a dare prova di grande produttivita’ anche nella velocita’ di realizzazione di opere che non siano imitazione di qualcos’altro.
Nella provincia del Fujian, nel sud della Cina, 1.500 lavoratori hanno realizzato una linea ferroviaria in sole 9 ore.
Il segreto sta nell’organizzazione: gli uomini sono stati schierati in sette unita’ per affrontare compiti diversi contemporaneamente.
Mentre da noi ci si vanta dell’Alta Velocita’ sui binari (spesso accompagnata da ingenti ritardi, per bilanciare), in Cina possono vantarsi dell’Alta Velocita’ Manuale per costruire i binari.
Non e’ poco: se pensiamo a quanti minuti si accumulano perche’ i treni devono aspettarsi vicendevolmente, nella staffetta del chi arriva prima ritarda gli altri, puo’ dare l’idea di come rendere una ferrovia un posto piu’ efficiente.
Pensate a quante cose si possono realizzare in 9 ore: una tratta aerea Roma–Abu Dhabi, 2 puntate di Barbara D’Urso e adesso anche una linea ferroviaria.
In Italia, forse, 9 ore servono solo per ottenere il certificato di rilascio di inizio attivita’. Con una data approssimativa, molto approssimativa, sulla data di fine attivita’. Che cosa scrivono a farla poi, se quasi mai viene rispettata.
Cos’e’, una gara a chi sfora di piu’? O un’etichetta tipo la scadenza nei cetrioli? Preferibilmente, ma tanto non se lo fila nessuno.
Per una volta potremmo essere noi a imitare i Cinesi, mettendo da parte la burocrazia e schierando i nostri talenti migliori.
Perche’ ne abbiamo tanti, ma spesso ce ne ricordiamo al momento sbagliato: troppo tardi.
Scusate il ritardo
2 minuti. 120 secondi di ritardo. E’ per questo che Lord Michael Bates, Ministro britannico del Dipartimento per lo Sviluppo, ha rassegnato le sue dimissioni.
I fatti: alla Camera dei Lord e’ in corso una seduta, e nel consueto question time (lo spazio dedicato alle domande da rivolgere direttamente agli esponenti del governo), la parlamentare Ruth Lister aveva formulato una interpellanza proprio a Sir Bates, il quale, sempre presente, questa volta non c’era ed e’ riapparso in aula proprio due minuti dopo che gli era stato posto l’interrogativo. Il Ministro si e’ prontamente scusato e ha deciso di dimettersi in tempo record (senza ritardo, stavolta) per non essere stato al suo posto.
Una storia che sa di british, ma anche di fetish.
Mr. Bates, che certo e’ da applaudire per questo gesto, si e’ prodigato in un atto che sconfina nell’esibizionismo: ha confuso (in bonta’ d’animo, certo) l’essere assente con l’essere delinquente, attribuendo a un errore temporale un giudizio definitivo sulla sua carriera. Ma la politica non si misura in ore, figurarsi in minuti. Specialmente se quei due minuti erano stati spesi per fare qualcosa di produttivo.
Queste sono scene a cui assisteremmo raramente in Italia, ma se il principio temporale dovesse valere anche nella Repubblica, vi immaginate quanto sarebbe difficile formare un governo? Vuoi per i ritardi alla bouvette, vuoi per quelli impiegati a giocare a nascondino con i primi ministri esteri e vuoi per quelli volutamente improduttivi, saremmo costretti a fronteggiare continuamente defezioni nell’esecutivo.
Morale della favola: in Gran Bretagna tutti hanno espresso il loro dissenso alla decisione di Lord Bates, e anche il Primo Ministro Teresa May ha respinto le dimissioni; in Italia avremmo esaltato quel gesto a simbolo di virtuosismo, da non copiare pero’, perche’ a furia di fare i migliori ci si diventa per davvero.
Ma, nessuno ce lo ha chiesto: meglio continuare a ritardare, concentrando i propri pensieri nel mondo dei sogni.
Torni al suo posto, Sir Bates, e non si preoccupi di quei minuti di assenza. A volte e’ anche meglio di una finta presenza.
Come si dice in questi casi, “ci scusiamo per il disagio”.
Aggiungi un posto a tavola
Roma, famiglia di 4 persone. Moglie e marito impiegati, due figlie adoloscenti.
Tutto normale se non fosse che, a seguito di una ricerca, sono venuti a conoscenza delle proprie abitudini in fatto di spesa alimentare, scoprendo che buttavano un chilo di cibo a settimana.
La loro e’ una delle 400 famiglie che ha riportato su un diario le quantita’ di alimenti acquistati in una settimana e i relativi sprechi alla fine dei 7 giorni. E’ cosi’ che sono venuti a conoscenza del dato.
“Facevamo la spesa una volta alla settimana – ha dichiarato la signora – visto che lavoriamo sia io, sia mio marito. Accumulavamo prodotti deperibili pensando che ci sarebbero potuti servire entro pochi giorni, ma sbagliavamo le quantità e spesso restava qualcosa nel piatto. Senza parlare dei cibi che restavano in frigo fino alla scadenza“.
Senza fare facile ironia, e’ chiaro che siamo abbastanza lontani dalla famiglia modello della Mulino Bianco, dove questo rischio non esiste, in quanto tutto si produce e nulla si compra.
Ma l’immaginazione della Barilla e’ un cliche’ ideale; nessuno vive con Rosita in casa, ne’ tantomeno ci parla.
La realta’ e’ come sempre diversa da come ce la immaginiamo: provate ad aprire il frigo di casa vostra, e vedete se in effetti non avanza qualcosa anche a voi.
Le maxi offerte e il bisogno di vedere i ripiani sempre pieni, ci hanno portato ad accumulare senza chiederci prima di cosa avessimo realmente bisogno. E’ un meccanismo inconscio, specie nelle grandi famiglie.
Piu’ siamo, piu’ spendiamo. Ma anche piu’ sprechiamo.
Se (altro ideale) comprassimo veramente solo cio’ che ci serve, sarebbe tutta un’altra storia: anch’essa una favola, ma piu’ stimolante.
Basterebbe annotarsi cosa ci manca e comprare di volta in volta, senza la paura che i negozi chiudano tutti insieme contemporanemente ci assalga.
Queste cose sono prevedibili per gli scioperi contro il governo, mica contro i clienti.
Per noi, le porte sono sempre aperte. Anche quando rompiamo le acque (e non solo). Vero, Conad?