Il 9 Aprile 2019, Ignazio Marino è stato assolto dalla Cassazione in via definitiva perché «il fatto non sussiste».
Di che fatto parlano, i giudici? Durante i 28 mesi nel corso dei quali è stato Sindaco di Roma (poi vi spiegherò perché così pochi), Marino ha utilizzato in totale 20 mila euro per spese di rappresentanza: si tratta di cene, incontri e altri pagamenti effettuati con la carta di credito del Comune.
Alcuni esponenti di Fratelli d’Italia e del Movimento 5 Stelle presentano allora una serie di esposti su una parte di quelle spese (circa un migliaio di euro) considerate illegittime, dando inizio a quello che verrà ricordato come “il caso scontrini“: la procura di Roma decide di aprire un’inchiesta, che si concluderà appunto con l’assoluzione piena dello scorso 9 Aprile.
Marino quindi è innocente, non ha utilizzato soldi pubblici a fini privati, ma semmai il contrario.
Proprio così: l’ex Sindaco, per dare un segnale della propria onestà, decide di restituire di tasca propria tutti i 20 mila euro spesi per rappresentanza, e donarli alla città di Roma.
Un gesto, per chi la riconoscesse ancora, di pura nobiltà, specialmente se pensate che una parte di essi, per l’esattezza 3.540 €, erano stati utilizzati per ospitare il magnate russo-uzbeko Alisher Usmanov, che grazie all’incontro con Marino decise di spendere 2 milioni per la città di Roma, permettendo così di restaurare la sala degli Orazi e Curiazi del Campidoglio.
Quindi, conti alla mano: Marino aveva la colpa di aver speso 3.540 € a fronte di un introito di 2 milioni di euro.
Nemmeno il peggior ragioniere potrebbe fingere di non avvedersi del guadagno ottenuto.
Eppure, nonostante i numeri parlino chiaro, e nonostante abbia interamente ridato i soldi indietro alla città di Roma, Marino rappresentava un problema per il suo partito, quel PD di cui tanto si era fidato durante la campagna elettorale (e oltre), e che alla fine gli ha voltato le spalle come il peggior nemico.
Già, perché i vertici nazionali del Partito Democratico, il suo partito, ordinarono ai propri consiglieri comunali di firmare in massa le proprie dimissioni davanti a un notaio, comportando di conseguenza la decadenza della Giunta.
Marino in quell’occasione parlò di mandanti, di essere stato accoltellato: e in effetti la vicenda ricorda molto quella delle Idi di Marzo, quando Giulio Cesare venne ucciso dal pugnale amico, dai suoi senatori e perfino dal figlio avuto con un’amante.
L’unica differenza, oltre a titoli e contesti storici, fu che i senatori di allora utilizzarono l’aula democratica come luogo del delitto, quelli di adesso lo studio di un notaio, tanto per rendere l’idea della “morte della democrazia” appena compiuta.
30 il giorno di Ottobre del 2015 in cui avvennero le dimissioni.
28 i mesi di Sindacatura di Marino.
26 i consiglieri comunali dimissionari.
Uno scarto perenne di 2, 2 come i milioni donati alla città di Roma dall’imprenditore Usmanov.
Durante la cerimonia di inaugurazione della riapertura della Sala degli Orazi e Curiazi, finanziata come detto grazie alla cena tra Marino e l’imprenditore russo, il nuovo Sindaco di Roma, Virginia Raggi, dimenticò però di ringraziare proprio colui che aveva favorito questo mecenatismo, prendendosi meriti non suoi.
Ovviamente, è stato più facile parlare di Marino in altre occasioni, come quando nel 2014 la Raggi si presentò con le arance in Campidoglio per chiedere le dimissioni di Marino causa Mafia Capitale.
Cosa c’entrasse Marino con una vicenda esplosa temporalmente alla ribalta durante il suo mandato, ma figlia di taciti e pluriennali accordi ereditati nel tempo tra malaffare e politica, non si capisce. Tanto più che egli è stato anzi capace di denunciare e affrontare con una relazione inviata all’allora Prefetto Gabrielli l’opacità di alcuni metodi di gestione della cosa pubblica, di contratti e bilanci approvati in ritardo, tanto da far dire a Matteo Renzi (a quei tempi ancora gli rispondeva al telefono) «vai sempre in tv, sei la faccia pulita del partito».
Fatto sta che, fra i lancillotti dell’onestà di allora, c’era anche Marcello De Vito, successivamente eletto Presidente del Consiglio Comunale di Roma e arrestato il 20 Marzo 2019 con l’accusa di corruzione.
Come dire, scagli la prima arancia chi è senza reato.
Ma torniamo a Marino.
Durante il suo mandato, checché ne pensino i fautori della sua cacciata dal Campidoglio, è riuscito in numerose piccoli grandi imprese:
- ha chiuso la più grande discarica del pianeta, Malagrotta, gestita dall’avvocato Cerroni che per 40 anni è stato “il supremo” nella gestione dei rifiuti della Capitale (valore annuale di quasi 1 miliardo di euro);
- ha pedonalizzato i Fori imperiali, restituendo ai cittadini la libera e completa fruizione di una parte simbolo della città, come avviene in tutti i luoghi rappresentativi delle varie capitali europee;
- ha eliminato i camion bar dal centro storico, proseguendo nell’opera di riqualificazione urbana al centro del suo programma politico, e ponendo fine alla svendita di suolo pubblico (3 euro al giorno per 2-3 mila euro di fatturato quotidiano);
- ha introdotto il merito come requisito fondamentale nella scelta delle persone alla guida delle aziende municipalizzate, valutando i vertici da scegliere in base al loro curriculum e non alla fedeltà politica (si pensi a Catia Tomasetti in Acea);
- ha aperto la terza linea della metropolitana della città, la Linea C;
- ha preteso la demolizione degli stabilimenti balneari abusivi a Ostia che impedivano il libero accesso al mare ai bagnanti, festeggiando in quell’occasione la vittoria dello Stato sul malaffare;
- ha promosso la rievocazione storica delle glorie dell’impero attraverso lo spettacolo “Viaggi nell’antica Roma” ai Fori imperiali, con la voce narrante di Piero Angela.
Eppure, di Marino si preferisce il racconto degli scontrini, o della Panda rossa. Ecco, volete saperla questa?
A Marino venne contestato di attraversare la zona Ztl della città senza il dovuto permesso.
Premesso che, a fare notizia, dovrebbe essere il fatto che in Italia un politico usi la macchina rossa (privata, pagata da lui) invece di quella blu (pubblica, pagata da tutti), fatto sta che Marino finì nell’occhio del ciclone perché non aveva il permesso Ztl.
Ma secondo voi, è possibile che il Sindaco della Capitale non abbia il permesso?
Infatti, no. Il permesso ce l’aveva eccome, solo che un hacker si era introdotto nel sistema informatico del Comune, falsificando i dati e quindi facendo registrare le multe al Sindaco.
Tutto ciò ha finito per fare più scalpore rispetto al reato commesso da qualcuno ai danni del primo cittadino della Capitale, perché si è preferito il titolo alla narrazione dei fatti.
Ma purtroppo, la riconoscenza non è patrimonio di tutti.
Come quelli che, ancora oggi, ad assoluzione avvenuta, si guardano bene dal chiedere scusa a Marino, perché a detta loro era inadeguato e aveva perso il contatto con la città, sperando in una rapida damnatio memoriae a loro giustificazione.
Lo andassero a spiegare ai 5 mila romani e romane che hanno affollato Piazza del Campidoglio per urlargli di «non mollare» prima delle dimissioni, come racconta il film Roma Golpe Capitale, regia di Francesco Cordio per Own Air Srl.
Eppure, dall’alto è partito l’ordine della ritirata, e così si è conclusa l’avventura di Marino, il Marziano venuto a portare la normalità nella città meno “normale” del mondo.
Resta un forte senso di incompiuto, e anche di ingiustizia per tutto quanto subito da lui, e da tutti.
Un chirurgo di fama mondiale con oltre 650 trapianti compiuti, 726 pubblicazioni nelle più rinomate riviste scientifiche di Medicina e Chirurgia dei Trapianti, membro di 27 società scientifiche, fondatore di 4, insignito di 59 premi e riconoscimenti pubblici.
Senior Vice President alla Thomas Jefferson University di Philadelphia, professore di chirurgia, ex senatore (ha rimesso l’incarico quando ha deciso di candidarsi a Sindaco e prima di avere la certezza di diventarlo), come Presidente della Commissione d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale è riuscito nell’impresa di far chiudere gli ospedali psichiatrici, permettendo, fra l’altro, di desecretare tutti i documenti delle audizioni relative a Stefano Cucchi come ultimo atto da Presidente, affinché fossero messi a disposizione della famiglia nella loro ricerca di giustizia.
Un Sindaco, Marino, che andava in giro in bicicletta e zaino in spalla, così diverso da tutto il resto da risultare un “nemico” ai suoi stessi compagni di partito, incapace di cedere alle manovre superiori, e per questo da cacciare a tutti i costi.
Oggi è il rimpianto di tanti, in special modo dei suoi cittadini, quelli che continuano a inondarlo di affetto e a ricordargli i bei tempi vissuti insieme.
Il bene, infatti, non si dimentica, neanche se è stato falciato un momento prima della spigatura.
Pazienza se qualcuno non avrà la capacità di chiedergli «scusa»; ciò che conta è la quantità di «grazie» ricevuti.
Personalmente non credo servano altri attestati di merito, uniti al ricordo di una brava persona che sicuramente poteva fare di più, ma che ha dato tutto ciò che aveva per fare del suo meglio.
Ieri ormai è passato, non serve rimpiangerlo.
Concentriamoci sul presente, perché il futuro non è nostro se non iniziamo a costruirlo da ora.
Grazie a te, Ignazio, sapremo come fare.