Chi e’ un eroe?
Il dizionario direbbe <<chi si impone all’ammirazione di tutti per eccezionali virtu’ di coraggio o abnegazione>>, un bambino probabilmente risponderebbe indicando Hercules, la societa’ degli adulti invece lo identifica in un soggetto comune.
Lorenzo Pianazza e’ un ragazzo di Milano, 18 anni, che stava tornando a casa da scuola; scende le scale della fermata Repubblica della metropolitana e aspetta il treno. Solo che nel frattempo un piccolo bimbo di due anni e mezzo scappa dalla madre e si getta sui binari. Si crea un po’ di confusione, la gente si sporge per vedere cosa succede, ma nessuno interviene.
Lorenzo guarda il cartellone, “manca ancora un minuto e mezzo al prossimo treno” si dice, cosi’ scende anche lui, recupera il bambino e poi risale su.
Tutti lo acclamano, specialmente sui social, come un eroe.
Riflettendoci un po’ pero’, chi si e’ comportato in modo straordinario? Lorenzo (al quale, per inteso, va tutto il ringraziamento di ognuno di noi) o gli altri? Il suo gesto infatti e’ piuttosto normale, chiunque si precipiterebbe ad aiutare un bambino in difficolta’. Ma invece, come detto, non e’ cosi’.
Alcuni presenti si sono affacciati sui binari, magari spaventati, ma non ha fatto nulla. Non hanno avuto la stessa prontezza del giovane eroe, hanno osservato senza agire. E questo rispecchia la nostra societa’, dove tutti guardano, parlano, osservano ma non fanno nulla.
Lorenzo invece non solo ha salvato il bambino, ma si e’ preoccupato anche di recuperare la trombetta di plastica che il piccolo teneva in mano, in modo tale da riportarlo alla normalita’, come se non fosse accaduto nulla.
Capito dove sta la straordinarieta’?
Dichiarera’ poi al Corriere: “Ho fatto quello che mi sembrava giusto fare, sono sorpreso, non mi aspettavo tutto ‘sto scalpore, pensavo che non si venisse manco a sapere. Quando sono arrivato a casa non ho detto nulla, perche’ non era una cosa di cui volevo vantarmi”.
Non siamo piu’ abituati a vedere persone normali, e quindi le confondiamo con gli eroi. La differenza pero’ sta proprio li’: molti si affannano alla ricerca di un’etichetta, si vantano sui social per cose di poco conto ricevendo l’approvazione dei loro simili e magari, in una situazione del genere, invece di sbracciarsi avrebbero abbracciato l’iPhone per riprendere la scena.
Il “Lorenzo” di turno invece agisce e basta, senza pensare ad altro. “Hai avuto paura?” gli hanno chiesto, e lui “No”.
Se lo consideriamo un eroe, iniziamo anche ad imitarlo allora.
Ingratis
AAA cercasi ladro ingrato.
Questo piu’ o meno dovrebbe essere l’annuncio che magari riportera’ l’oggetto rubato al suo proprietario.
I fatti: Gigi Riva, storico campione d’Italia con la maglia del Cagliari nel 1970 e vicecampione del mondo con quella azzurra, e’ stato derubato del suo cellulare un paio di giorni fa da un mendicante extracomunitario. Questa volta c’e’ stato qualcuno piu’ veloce di <<Rombo di tuono>> e, in un istante, il povero Gigi si e’ ritrovato senza telefono e anche con meno soldi in tasca. La cosa buffa infatti e’ che il nordafricano si era avvicinato a Riva per ringraziarlo del denaro che quest’ultimo, campione anche di solidarieta’, gli aveva offerto poco prima. Pero’, si sa, essere buoni significa anche essere fessi e cosi’ l’ingrato indigente ha pensato di approfittare della bonta’ del suo interlocutore per sottrargli anche il cellulare.
Come si dice, oltre il danno la beffa.
Su Facebook e’ subito sorto un appello affinche’ il ladro venga ritrovato e il maltolto riconsegnato al legittimo proprietario, non per il suo valore economico ma per i numeri in rubrica che conteneva.
Gigi e’ disposto a offrire anche una mancia (un’altra?) al ladro affinche’ gli riporti il telefono indietro.
Il problema e’ che, appena quel soggetto vede un’offerta, la interpreta come l’inizio di una caccia al prossimo cadeau. E cosa gli prendera’ questa volta? Direttamente il portafoglio? Oppure il bel giaccone per scaldarsi?
Di sicuro il campione di calcio una cosa l’avra’ imparata: i numeri di telefono e’ meglio salvarli in un taccuino come si faceva una volta, oppure direttamente su Internet, in modo tale da non perderli insieme al telefono.
E se non sa come si fa, magari proprio il suo nuovo amico potrebbe insegnargli qualche trucchetto, tanto e’ uno che di prestigi se ne intende.
A proposito, la prossima volta vacci piano con le offerte Gigi: non sai mai che dono ti aspetta offrire, a tua insaputa.
Falsa partenza
L’Istituto Bruno Leoni, nato per “promuovere le idee per il libero mercato” e presieduto da Franco De Benedetti (fratello dell’ingegner Carlo), ha realizzato una curiosa iniziativa installando un “contatore del debito pubblico” nelle stazioni di Milano e Roma da oggi fino alla conclusione della campagna elettorale.
Il motivo sarebbe quello di ricordare ai passeggeri-elettori che “ogni promessa e’ debito”, nella speranza che loro lo facciano ricordare ai propri eletti (Silvio vacci piano) una volta accomodatisi nelle confortevoli poltrone del potere.
A tal fine ogni pendolare, prima di prendere posto sul treno, ha cosi’ la possibilita’ di essere informato che “da quando sei partito da Roma il debito pubblico e’ cresciuto di 115 milioni“. Povero passeggero, in tutti i sensi. A saperlo prima, magari restava nella Capitale e risparmiava i soldi del biglietto.
Gia’, perche’ il totale del debito pubblico di Casa Nostra ammonta a due mila miliardi di euro (che nessuno sa scrivere in cifre, contatore a parte). Per rendere l’idea, un bimbo appena nato porta sulle spalle 40 mila euro, che anche lui a saperlo prima mica usciva dal pancione della mamma, almeno stava al caldo e non doveva gia’ ricorrere alla banca del sangue per il salasso appena subito.
Che poi, questo debito, chi l’ha fatto? E perche’ continua ad aumentare sempre di piu’? E chi e’ il creditore verso cui dobbiamo tutti questi soldi?
Misteri. Fatto sta che il cartellone in stazione continua ad aggiornarsi ogni 3 secondi, tanto per non far dimenticare la posizione vessatoria di ognuno di noi.
Avete presente quelle lavagne economiche in cui si segnano gli indici? Ecco, in questo caso l’inclinazione e’ negativa da qualsiasi punto la si guardi: se va verso l’alto indica che il debito aumenta, se va verso il basso indica la nostra posizione.
Trenitalia da oggi non si scusera’ piu’ per i ritardi, ma per le partenze.
“Il Freccia Verde-Bianco-Rosso e’ pronto a colpire”.
Immaginate dove.
Quanto pesano le parole?
Durante un’intervista nella trasmissione Che tempo che fa, in onda la domenica sera su Rai 1, il deputato del Movimento 5 Stelle, Alessandro Di Battista, ha dichiarato <<Se dico ‘cazzo Berlusconi pagò Cosa Nostra’ lo scandalo e’ la parolaccia>>.
Al di la’ di ogni commento politico, l’on. Di Battista ha ragione nell’affermare che in Italia molto spesso si tende a vestirsi di una ipocrisia sulle forme che scavalca e offusca l’importanza del contenuto.
Si da’ molto piu’ peso a come le cose vengono dette e non al messaggio che esse trasportano, finendo col ribaltare l’ordine gerarchico del mondo semantico assegnando una graduatoria (del tutto personale) al significante e al significato, con un predominio della forma sul messaggio.
A essere onesti, un concetto espresso bene risulta essere anche piu’ efficace, ma questo non vuol dire che un concetto espresso male non meriti attenzione. Scomodando e attualizzando il noto linguista Ferdinand De Saussure, la parole e’ diventata quindi un artificio creativo immeritevole di fiducia se non rientra nei formalismi della langue.
Quando un politico, di qualsiasi partito o movimento, esprime la sua proposta in tono affabile e senza parolacce, siamo naturalmente portati a dargli fiducia perche’ pensiamo che i suoi modi corrispondano alle sue intenzioni. Molto spesso pero’ quella e’ soltanto una maschera dietro cui nascondersi per celare la vacuita’ dei contenuti.
Cio’ che e’ peggio e’ che tutto cio’ si traduce anche nella vita sociale: un piccolo commerciante senza studi diventa meno credibile di un esperto tecnico che usa paroloni accademici (dei quali si spera almeno lui conosca il senso). Solo che, mentre l’umile in genere e’ onesto (se non altro per solidarieta’), si da’ piu’ credito a quello che impiatta meglio le parole, rimanendo fregati da un souffle’ di tagliatelle in crosta (che???) invece di una prosaica carbonara.
Le stelle (Michelin o in politica) funzionano solo se brillano di realta’, e non di fama. Altrimenti si rischia di farla, la fame, invece che constratarla.
Diffidate delle apparenze. Ma anche delle pietanze. Specialmente di quelle che fanno solo pieta’.
Atleti ruspanti
Alla XXIII edizione dei Giochi olimpici invernali di scena a PyeongChang, Corea del Sud, e’ arrivato un camion carico di uova. Il motivo non era quello di convincere un bambino a mangiarle, quanto piuttosto di soddisfare i bisogni proteici del team di atleti della Norvegia.
Solo che, a causa di un errore di traduzione, invece di 1.500 ne sono arrivate 15 mila, alla faccia di chi dice che lo zero sia un numero neutro.
La scena sara’ stata piu’ o meno questa: <<Ehi, Erik, sono arrivate le uova. Stasera frittatina?>> e il collega <<No, stasera antipasto di uova sode, lasagne fresche all’uovo, uova ripiene, uova ripiene di altre uova, uova a la julienne, sformato di uova, uova strapazzate e in camicia insieme, crostata di uova, e poi, magari, una frittatina>>.
Non e’ ancora chiaro quale sia stato il problema di comunicazione, fatto sta che da Oslo la richiesta era ben diversa. Tra l’altro, e’ facile fraintendere le parole, ma sui numeri dovrebbe essere piu’ semplice capirsi anche se le lingue sono diverse. Considerato pero’ che li’ vicino PyeongChang c’e’ qualcuno che ancora gioca con le tabelline e nel frattempo lancia missili terra-aria come fossero palline da golf, allora qualche dubbio effettivamente puo’ nascere.
Conti alla mano, se un uovo pesa in media 61grammi, 15 mila uova pesano 915 mila grammi: cio’ significa che quel camion trasportava una tonnellata di uova.
Vuoi vedere che alla fine era tutta una trovata per una nuova ricetta, l’uovo tonnato?
Quel che e’ certo e’ che ai 109 atleti norvegesi non mancheranno le energie.
E a Pasqua, prima del dolce, ci penseranno due volte prima di toccare … un uovo!
Fuso Orario
E’ in discussione in questi giorni, su proposta di alcuni Stati membri dell’Unione Europea, una “valutazione approfondita” sull’ora legale. Il motivo, a detta della eurodeputata finlandese Heidi Hautala, sarebbe che “turbare due volte l’anno l’orologio interno degli individui porta danni alla salute”.
Chissa’ cosa ne pensa il suo collega italiano Matteo Salvini, il quale giusto un anno fa scriveva un post su Facebook dicendo: <<Torna l’ora legale, panico nel PD>>.
A parte che, parafrasando la pellicola di Ficarra e Picone, dovrebbero essere un po’ tutti i partiti a temerla, l’ora legale, questa e’ una discussione che va avanti da anni, in cui si fronteggiano da un lato gli scienziati del risparmio energetico, secondo i quali spostare le lancette un’ora avanti sarebbe piu’ produttivo, specialmente per i settori turistici e per i pendolari, e dall’altro gli scienziati dell’antropologia, i quali affermano che il cambiamento d’orario e’ causa di insonnia, ansia, nervosismo, stanchezza, inappetenza, problemi cardiaci, e chissa’, buco dell’ozono, estinzione della razza umana e tempeste astrali.
Di sicuro c’e’ che spostare le lancette ha i suoi effetti sull’uomo: tutti sono contenti quando dormono un’ora in piu’ e indiavolati quando invece il sonno dura un’ora meno.
In teoria basterebbe alzarsi piu’ tardi, ma la soluzione migliore e’ sempre l’adattamento: l’essere umano e’ una macchina capace di rispondere agli stimoli e di adeguarsi, lancette avanti o meno.
Con buona pace dell’onorevole Heidi, per la quale magari allungare le giornate non sara’ produttivo come salutare le caprette.
Ad ogni modo, un risultato e’ stato gia’ raggiunto. Ora tutti sanno cosa significa circadiano: “fenomeno che presenta un ritmo quotidiano”.
Come Berlusconi in tv.
Solo piu’ di frequente pero’, lancette ed elezioni a parte.
Ricevuta senza ritorno
In provincia di Vicenza, un postino ha nascosto per 8 anni parte della corrispondenza che avrebbe dovuto consegnare. E’ riuscito ad accumulare ben 573 chilogrammi di posta arretrata, stipandola nel garage di casa sua. Fra il materiale inevaso c’erano bollette, multe, comunicazioni dell’Agenzia delle Entrate, ma anche pubblicita’ per le elezioni regionali del 2010, volumi di Pagine Bianche e chissa’ quanti altri plichi e lettere varie.
E’ difficile immaginare come abbia potuto farlo senza che la moglie se ne accorgesse – Amore, scendo a prendere delle conserve – e lui – no cara, vado io, anche oggi – oppure il posto dove mettere tutte quelle cianfrusaglie: mensole, scaffali, o probabilmente buttate tutte per terra.
Magari non sara’ sposato, o magari al posto di un garage per una 4×4 avra’ un superattico al seminterrato.
Fatto sta che, grazie a questo portalettere, molta gente non avra’ pagato le bollette, cosi’ come tanti altri non avranno potuto riempire le casse comunali con le multe, per non parlare degli evasori – legittimin- del Canone Rai.
Vuoi vedere che alla fine qualcuno lo ringraziera’ anche? Senza bolletta della luce infatti ottieni anche il diritto a non pagare il Canone, realizzando una combo desiderata da molti.
Il problema pero’ e’ che ci sono anche casi in cui una mancata comunicazione puo’ costare caro, come una lettera di convocazione o una missiva di un possibile datore di lavoro.
Che si fa in questi casi? Si va di reclamo? Buona idea, a patto che il ricorso non venga smarrito o la raccomandata custodita nel garage di un altro postino.
Nel caso, bastano solo 8 anni per scoprirlo.
Posta celere.
Letture bio
In tempi di bufale e fake news, che cosa sara’ mai secondo voi la super vacca? Una media company produttrice di notizie false? Oppure la nuova sede della Parmalat?
Nessuna delle due: questa volta non si tratta di depistaggi informativi, ma di vera scienza.
La super vacca, appunto, e’ uno degli ultimi progetti filantropici di Bill Gates, il quale spalancando le finestre (window …) della sua immaginazione, ha pensato di finanziare una ricerca per aiutare le popolazioni africane proprio attraverso il bovino piu’ ruminante al mondo.
Lo scopo sarebbe quello di incrociare geneticamente le mucche britanniche – capaci di produrre 19 litri di latte al giorno – con quelle africane – che invece ne producono 1 litro e mezzo, ma sono capaci di resistere anche alle alte temperature e al caldo estremo del Continente Nero (o meglio, di colore) – per combinare le migliori caratteristiche di entrambe le razze.
Il magnate della Microsoft investira’ 40 milioni di dollari in cinque anni nel progetto: tutto cio’, a detta di Gates, dovrebbe avere un importante impatto economico per le popolazioni africane e permettere loro di guadagnare di piu’.
La domanda e’: ma la famosa super vacca, come sara’? Avra’ la pelle mulatta e gli occhi azzurri? L’accento british e l’elisabettiano in testa? E il latte? Di che colore? Beige chiaro? E il verso, sara’ sempre muuuu oppure diventera’ maaaa in onore a Mamma Africa?
Ad oggi sono tutte ipotesi, ma non e’ finita qui, perche’ Gates si e’ posto anche il problema delle galline: al sud del mondo producono solo un paio di uova al giorno, mentre lui vorrebbe arrivare a 10-12.
Un consiglio: invece di fare esperimenti genetici, questa volta si potrebbe tappezzare il pollaio con le scritte I l’ov you.
Magari funziona. E invece di mandare tutto in vacca, avremmo i primi animali a marchio registrato.
I PGM: Pulcini Gatesamente Modificati.
Alta Mediocrita’
L’efficienza cinese e’ nota per ottenere il miglior rapporto costo-risultato.
Tuttavia, gli inventori del Made in, sono riusciti a dare prova di grande produttivita’ anche nella velocita’ di realizzazione di opere che non siano imitazione di qualcos’altro.
Nella provincia del Fujian, nel sud della Cina, 1.500 lavoratori hanno realizzato una linea ferroviaria in sole 9 ore.
Il segreto sta nell’organizzazione: gli uomini sono stati schierati in sette unita’ per affrontare compiti diversi contemporaneamente.
Mentre da noi ci si vanta dell’Alta Velocita’ sui binari (spesso accompagnata da ingenti ritardi, per bilanciare), in Cina possono vantarsi dell’Alta Velocita’ Manuale per costruire i binari.
Non e’ poco: se pensiamo a quanti minuti si accumulano perche’ i treni devono aspettarsi vicendevolmente, nella staffetta del chi arriva prima ritarda gli altri, puo’ dare l’idea di come rendere una ferrovia un posto piu’ efficiente.
Pensate a quante cose si possono realizzare in 9 ore: una tratta aerea Roma–Abu Dhabi, 2 puntate di Barbara D’Urso e adesso anche una linea ferroviaria.
In Italia, forse, 9 ore servono solo per ottenere il certificato di rilascio di inizio attivita’. Con una data approssimativa, molto approssimativa, sulla data di fine attivita’. Che cosa scrivono a farla poi, se quasi mai viene rispettata.
Cos’e’, una gara a chi sfora di piu’? O un’etichetta tipo la scadenza nei cetrioli? Preferibilmente, ma tanto non se lo fila nessuno.
Per una volta potremmo essere noi a imitare i Cinesi, mettendo da parte la burocrazia e schierando i nostri talenti migliori.
Perche’ ne abbiamo tanti, ma spesso ce ne ricordiamo al momento sbagliato: troppo tardi.
Scusate il ritardo
2 minuti. 120 secondi di ritardo. E’ per questo che Lord Michael Bates, Ministro britannico del Dipartimento per lo Sviluppo, ha rassegnato le sue dimissioni.
I fatti: alla Camera dei Lord e’ in corso una seduta, e nel consueto question time (lo spazio dedicato alle domande da rivolgere direttamente agli esponenti del governo), la parlamentare Ruth Lister aveva formulato una interpellanza proprio a Sir Bates, il quale, sempre presente, questa volta non c’era ed e’ riapparso in aula proprio due minuti dopo che gli era stato posto l’interrogativo. Il Ministro si e’ prontamente scusato e ha deciso di dimettersi in tempo record (senza ritardo, stavolta) per non essere stato al suo posto.
Una storia che sa di british, ma anche di fetish.
Mr. Bates, che certo e’ da applaudire per questo gesto, si e’ prodigato in un atto che sconfina nell’esibizionismo: ha confuso (in bonta’ d’animo, certo) l’essere assente con l’essere delinquente, attribuendo a un errore temporale un giudizio definitivo sulla sua carriera. Ma la politica non si misura in ore, figurarsi in minuti. Specialmente se quei due minuti erano stati spesi per fare qualcosa di produttivo.
Queste sono scene a cui assisteremmo raramente in Italia, ma se il principio temporale dovesse valere anche nella Repubblica, vi immaginate quanto sarebbe difficile formare un governo? Vuoi per i ritardi alla bouvette, vuoi per quelli impiegati a giocare a nascondino con i primi ministri esteri e vuoi per quelli volutamente improduttivi, saremmo costretti a fronteggiare continuamente defezioni nell’esecutivo.
Morale della favola: in Gran Bretagna tutti hanno espresso il loro dissenso alla decisione di Lord Bates, e anche il Primo Ministro Teresa May ha respinto le dimissioni; in Italia avremmo esaltato quel gesto a simbolo di virtuosismo, da non copiare pero’, perche’ a furia di fare i migliori ci si diventa per davvero.
Ma, nessuno ce lo ha chiesto: meglio continuare a ritardare, concentrando i propri pensieri nel mondo dei sogni.
Torni al suo posto, Sir Bates, e non si preoccupi di quei minuti di assenza. A volte e’ anche meglio di una finta presenza.
Come si dice in questi casi, “ci scusiamo per il disagio”.