Durante un’intervista nella trasmissione Che tempo che fa, in onda la domenica sera su Rai 1, il deputato del Movimento 5 Stelle, Alessandro Di Battista, ha dichiarato <<Se dico ‘cazzo Berlusconi pagò Cosa Nostra’ lo scandalo e’ la parolaccia>>.
Al di la’ di ogni commento politico, l’on. Di Battista ha ragione nell’affermare che in Italia molto spesso si tende a vestirsi di una ipocrisia sulle forme che scavalca e offusca l’importanza del contenuto.
Si da’ molto piu’ peso a come le cose vengono dette e non al messaggio che esse trasportano, finendo col ribaltare l’ordine gerarchico del mondo semantico assegnando una graduatoria (del tutto personale) al significante e al significato, con un predominio della forma sul messaggio.
A essere onesti, un concetto espresso bene risulta essere anche piu’ efficace, ma questo non vuol dire che un concetto espresso male non meriti attenzione. Scomodando e attualizzando il noto linguista Ferdinand De Saussure, la parole e’ diventata quindi un artificio creativo immeritevole di fiducia se non rientra nei formalismi della langue.
Quando un politico, di qualsiasi partito o movimento, esprime la sua proposta in tono affabile e senza parolacce, siamo naturalmente portati a dargli fiducia perche’ pensiamo che i suoi modi corrispondano alle sue intenzioni. Molto spesso pero’ quella e’ soltanto una maschera dietro cui nascondersi per celare la vacuita’ dei contenuti.
Cio’ che e’ peggio e’ che tutto cio’ si traduce anche nella vita sociale: un piccolo commerciante senza studi diventa meno credibile di un esperto tecnico che usa paroloni accademici (dei quali si spera almeno lui conosca il senso). Solo che, mentre l’umile in genere e’ onesto (se non altro per solidarieta’), si da’ piu’ credito a quello che impiatta meglio le parole, rimanendo fregati da un souffle’ di tagliatelle in crosta (che???) invece di una prosaica carbonara.
Le stelle (Michelin o in politica) funzionano solo se brillano di realta’, e non di fama. Altrimenti si rischia di farla, la fame, invece che constratarla.
Diffidate delle apparenze. Ma anche delle pietanze. Specialmente di quelle che fanno solo pieta’.